Dai corsi per i genitori rifugiati alla costruzione di spazi nei centri dedicati ai più piccoli: il mondo dell’accoglienza si ripensa a misura di bambini, i cittadini di domani. E PIAM lancia una ricerca pionieristica

“È la responsabilità oggi di prendersi cura non più solo delle madri ma anche di questi bambini – spiega Alberto Mossino, fondatore di PIAM con Princess Okokon – È un altro pezzo di accoglienza. Una tratta 2.0”.

Prendono forma con queste parole, i nuovi progetti dell’area educativa di PIAM. E dalla necessità di ripensare il mondo dell’accoglienza in funzione dei cittadini di domani, i bambini: i figli dei rifugiati, e in particolare delle donne ex vittime di tratta, per le quali PIAM è nata e alle quali sono dedicati molti dei centri di accoglienza di PIAM.

Perché è tempo di fare un passo avanti e pensare di più a loro, i bambini: i programmi nazionali di accoglienza non prevedono risorse sufficienti per il sostegno educativo dei “minori parzialmente accompagnati”, i bambini con famiglie o genitori soli. E allora PIAM – Progetto Integrazione Accoglienza Migranti, la nonprofit che si occupa di lotta alla tratta e accoglienza di persone migranti con sede ad Asti e attività culturale in Italia e nel mondo – ha dato vita a progetti innovativi, nuovi settori di intervento non solo per la nonprofit ma per il mondo dell’accoglienza in generale, che si trasformano in un caso studio.

LO STUDIO

Insieme alla Rete Antitratta Piemontese PIAM è infatti coinvolta in un gruppo di ricerca e sperimentazione nazionale che ha il fine di migliorare la presa in carico dei figli delle donne vittime di tratta e rafforzare le capacità genitoriali delle mamme. L’obiettivo è arrivare a scrivere linee guida sulla genitorialità per i programmi nazionali di accoglienza, che tutti i centri di accoglienza da un capo all’altro d’Italia possano seguire. Ruolo pionieristico che PIAM ha già avuto nel campo della lotta alla tratta, collaborando alla stesura di linee guida nazionali per la presa in carico di queste donne.

Nello specifico, l’idea è colmare alcuni vuoti del sistema anti-tratta inerenti alla garanzia dei diritti fondamentali dei nuclei monoparentali e dei minori che fanno parte di questi nuclei. Il target della ricerca azione sarà dunque di due tipi: la mamma inserita nel sistema di accoglienza e il figlio minore. Da un lato si tratta di lavorare con madri in situazioni di difficoltà, spesso giudicate poco adeguate, e di accompagnarle verso una genitorialità consapevole. Dall’altro lato, invece, ci troviamo di fronte a minori, spesso nella fascia 0-3 anni, inseriti in un sistema di accoglienza pensato per adulti, che trascura bisogni fondamentali di cura, socialità e apprendimento.

I vuoti da colmare sono dunque due, il primo riferito all’adulto, per il riconoscimento della genitorialità/responsabilità nei confronti del proprio figlio; il secondo riferito al minore per il riconoscimento dei suoi bisogni insoddisfatti.

I LABORATORI SULLA GENITORIALITÀ

Operativamente, stiamo avviando a questo scopo per le mamme dei nostri centri, a partire da quello del Seminario di Asti, laboratori sulla genitorialità, su temi pratici come la gestione del tempo con i bambini, il linguaggio, il cibo, il gioco. Ma anche la consapevolezza dei diritti e dei doveri genitoriali, la conoscenza del sistema scolastico, la relazione tra famiglia e scuola. Percorsi di consapevolezza rispetto al diventare madri, all’educazione all’affettività, alla gestione dei conflitti e del tempo condiviso con i propri figli, alla conoscenza dei servizi utili presenti sul territorio.

È urgente costruire un progetto per creare rapporti e spazi in cui sia possibile riprendere il ruolo genitoriale, costruendo un’idea e un’identità genitoriale che faccia da mediazione tra cultura di origine e realtà attuale, permettendo un’integrazione del nuovo nucleo sul territorio. Perché le mamme abbiano gli strumenti per “navigare” da sole una volta uscite dai programmi di accoglienza.

LA COSTRUZIONE DI UN ASILO PER I FIGLI DELLE VITTIME DI TRATTA

A Natale 2021 PIAM ha inoltre lanciato una campagna di raccolta fondi con l’invito a fare a familiari e amici un regalo particolare: regalare un pezzetto di un asilo per i figli delle vittime di tratta. La raccolta fondi è stata un successo, e così sono subito stati avviati i lavori. L’idea è quella di costruire uno spazio per i bimbi, una sorta di “asilo” appunto, al centro del Seminario di Asti che accoglie appunto donne strappate alla tratta con i loro bambini (principalmente nella fascia 0-3 anni), dove possano giocare e imparare con gli educatori mentre le mamme studiano o lavorano. Perché oltre ai progetti è necessario costruire i giusti spazi dove coltivarli.

Tutto nasce da una forte esigenza delle mamme, che è anche il cuore dell’intervento di PIAM: quella di studiare, imparare un mestiere e costruire un futuro di autonomia, libertà, indipendenza. Per farlo però hanno bisogno – come tutte le mamme del mondo – di tempo. Di prendersi tempo da dedicare a loro stesse a alla loro formazione. È un loro diritto.

Ed è parallelo al diritto dei bambini di avere, anche nel contesto dei centri di accoglienza, luoghi e progetti pensati per loro. Trovare continuità negli spazi e nelle attività piuttosto che essere trascinati da un contesto all’altro. Per crescere sereni, e rigenerare rapporti spesso difficili con le mamme. Abbiamo insomma bisogno di spazi belli, perché la bellezza cura. Spazi dove giocare, pitturare, leggere, imparare con l’aiuto degli educatori. E dove alla fine della giornata mamme e bambini possano trovarsi insieme, scoprendo la bellezza di costruire legami tra un disegno e un puzzle, imparando a conoscersi e rinforzando il loro rapporto.

Un progetto che parte del centro del Seminario, ma si estenderà a tutte le mamme e i bambini coinvolti nei nostri programmi.

 

PERCHÈ RACCOGLIAMO FONDI E CHIEDIAMO AIUTO

I fondi pubblici spesso non bastano per realizzare queste idee. Per aprire nuove linee di intervento, immaginare nuovi modi per includere i rifugiati nella società, e alla società dimostrare che l’accoglienza fa bene. Che non sottrae risorse, ma le crea.

I fondi pubblici non bastano, appunto, o troppo spesso arrivano tardi. Succede che arrivino con 15 o anche 18 mesi di ritardo rispetto alle spese sostenute. E che quindi ci ritroviamo in seria difficoltà con le banche. Per questo, con le nostre campagna di raccolta fondi, chiediamo aiuto a tutti, anche ai privati.

Basta poco: ogni mattone è importante per costruire una casa.

Dona ora: https://piamonlus.org/unabuonaoccasione/

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