IL SITO UNESCO PAESAGGI VITIVINICOLI, CIA E PIAM UNITI PER SALVARE LA MANODOPERA SPECIALIZZATA
Seguire la crescita delle piante, conoscere i segreti della potatura, curare i frutti fino alla raccolta. Perché di un territorio speciale, i Paesaggi Vitivinicoli del sud Piemonte patrimonio UNESCO, bisogna imparare a prendersi cura con le giuste capacità.
Benvenuti al primo corso di conoscenza e cura della vite promosso dal sito Unesco Paesaggi vitivinicoli di Langhe Roero e Monferrato, realizzato dai tecnici della Cia Agricoltori Italiani di Asti e dedicato a giovani rifugiati ospiti del nostro centro di accoglienza di Villa Quaglina: la villa è circondata dai campi e da una storica vigna, terreno sperimentale già luogo di progetti scientifici, teatro ideale per il corso.
“La finalità del corso – spiega Alberto Mossino, presidente di PIAM – è quella di favorire l’inclusione sociale dei migranti attraverso l’accoglienza, la formazione e il lavoro”. Perché la manodopera in campagna manca, e allora qui si formano persone motivate ad accudire la terra.
Il programma curato da Marco Pippione, enologo e direttore della Cia, e da Francesca Serra, agronomo del servizio tecnico Cia, ha affrontato la fisiologia e la botanica della vite, nozioni teoriche e pratiche di potatura, nozioni di meccanica agraria generale, strategie per una viticoltura sempre più eco-sostenibile, norme igieniche, esercitazioni e dimostrazioni pratiche. I ragazzi hanno alternato le lezioni in aula, video e dispense ideate per loro, lezioni di italiano tecnico, l’attività pratica nel vigneto sperimentale di Villa Quaglina e un modulo culturale rivolto alla conoscenza dei Paesaggi Vitivinicoli del sud Piemonte, patrimonio UNESCO, curato dal direttore del sito Roberto Cerrato.
Di età compresa tra i 25 e i 39 anni, i ragazzi erano per lo più alle prime armi con le pratiche agricole, solo due di loro avevano già lavorato nelle vigne: Ibrahima nel Monferrato in occasione dell’ultima vendemmia e Sherzaman in Austria. Il filo rosso che lega le storie di tutti è la fuga da contesti di guerra, fame e soprusi. Hanno percorso a piedi migliaia e migliaia di chilometri, attraversando la Turchia, la Grecia e i Balcani fino alla frontiera italiana. Oggi cercano qui un futuro diverso.
“Abbiamo un grande bisogno di manodopera specializzata che si fatica a reperire – sottolinea Marco Capra, presidente di Cia Asti – pochi sono i giovani astigiani che vogliono dedicarsi al mondo agricolo ed è importante ricordare che senza la manodopera straniera le nostre aziende non avrebbero un futuro. Favorire l’integrazione con percorsi culturali e professionali è una strada obbligata per la sostenibilità del territorio dal punto di vista economico e sociale”.